lunedì 3 maggio 2010

La casualità a volte è beffarda e ci mette il bastone fra le ruote. A volte, invece, è davvero fruttifera, un inaspettato fulmine a ciel sereno che ci dà da pensare. Così è successo a me, mentre, il pomeriggio del 31 dicembre scorso, viaggiavo, sola, in treno lungo la tratta Sondrio - Milano. Il posto al mio fianco era libero: si avvicina un signore alto, distinto, curato ed elegante e chiede con garbo di potersi sedere. La risposta è affermativa e, viaggiando entrambi soli, si inizia a fare un po' di conversazione. I soliti argomenti per così dire “da treno”: lo stato pietoso delle ferrovie italiane, il tempo, il capodanno.. e, a un certo punto.. “ma lei signorina studia? E che cosa studia di bello?” “Sì, studio Giurisprudenza a Pavia!”. “Ah, questo mio amico avrebbe tanto avuto bisogno di un buon avvocato, a suo tempo!”. E si avvicina a noi un uomo sulla cinquantina, che inizia a raccontarmi la sua triste storia di uomo ferito. Si era sposato da pochi anni, un matrimonio felice, dal quale erano nati due bambini..fino a quando il vicino di casa, ubriaco, investe con la macchina sua moglie, uccidendola. E tutto cambia repentinamente. Si ritrova all'improvviso catapultato in un mondo freddo, buio, triste, a dover crescere le sue due creature senza l'aiuto di una madre, a dover far fronte ai mali della vita senza il sorriso e il supporto della moglie. Solo. Depresso. Compie un gesto disperato: la vendetta. Uccide il vicino di casa. Una vita per una vita. E altre vite rovinate. 14 anni di carcere scontati sulla sua pelle. 14 anni senza un padre, né una madre, per i due poveri bambini.
E di fronte a questo racconto il mio spirito vacanziero dell'imminente Capodanno si congela.
Inizio a riflettere sull'assurdità di quanto mi è stato raccontato. Quest'uomo deve aver sofferto come un cane, mi dico. Non che ciò sia una scusante. Per quanto il suo dolore sia stato visceralmente atroce e io sia seriamente dispiaciuta di ciò, nessuno ha il diritto di ledere alla vita altrui. E il sangue della vendetta è da evitare nel modo più assoluto, oltretutto in contesto quale quello della società attuale, che si vuole far passare come civile.
Mi metto gli occhiali del giurista e faccio un percorso a ritroso. Come spesso accade, il signore purtroppo non è che una vittima. Una vittima del nostro ordinamento giuridico, mal pensato e peggio amministrato. Dov'è finita la funzione garantista che lo stato moderno si era prefisso di assolvere? Dov'è la protezione dei diritti naturali dell'uomo?
Ma, ancor di più, dove sta la giustizia? Se, alla base, vi fosse stata una corretta e proporzionata amministrazione della giustizia, di certo, con un omicidio che grava sulla fedina penale, il vicino di casa non si sarebbe dovuto trovare in condizione di libertà. Questo è l'anello mancante. E la sua mancanza ha aperto la strada all'attuazione della vendetta. Sangue chiama sangue. Aberrante circolo vizioso. Cieco, circolo vizioso.
Nel mio piccolo, mi chiedo se sia possibile, all'alba del 2010, incorrere ancora in situazioni di tal genere. E non è colpa degli uomini che vi sono coinvolti, con le loro debolezze umane. La colpa, io, personalmente, la attribuisco al nostro sistema giuridico e mi chiedo se non sia giusto e doveroso e coscienzioso chiedere una riforma dell'ordinamento giuridico in generale e , nello specifico, una riforma dell'amministrazione della giustizia penale che porti i nostri giudici ad irrogare pene proporzionali, giuste e certe. Pene che vengano effettivamente attuate.
All'inizio di questo nuovo anno, fra i tradizionali auguri e il consueto sfoggio di retorica e ipocrisia, auguriamoci anche che i nostri politici, di qualunque schieramento essi siano, riescano a riformare il sistema, in vista di una maggior serietà, di una maggior certezza della pena, di una maggior proporzionalità della pena e di una maggior senso dell'equilibrio, per cui situazioni uguali vengono trattate in modo uguale e situazioni diverse in modo diverso, senza favoritismo alcuno.
Io, perlomeno, quale giurista in erba e quale cittadino di questo stato, me lo auguro di cuore.

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